TEST: sei Tollerante o Intollerante? (in pensieri e parole)
Mi chiedo spesso se so essere tollerante e in cosa consista la tolleranza e l’intolleranza, essendo capace di accettare l’opinione degli altri. Mentre scrivo, oggi, 5 maggio 2020, inizia la Fase 2 e la celebrazione delle Messe pubbliche non è ancora autorizzata. La cosa ha suscitato grande scalpore nella chiesa italiana, al punto che i vescovi italiani hanno immediatamente fatto un comunicato in cui in affermano che sia inaccettabile un tale silenzio da parte del Governo.
Semplificando molto, questo fatto ha portato a due linee di pensiero all’interno della chiesa:
- c’è chi pensa che il comportamento del governo non tenga conto dell’autonomia della chiesa italiana, anche in ragione del Concordato;
- altri pensano che la tutela della salute pubblica venga prima di tutto, e che anche i cattolici italiani debbano avere pazienza: meglio aspettare per ridurre il rischio che i contagi risalgano.
Senza entrare nel merito, ciò su cui ho ragionato in questi giorni è la grande fatica che stiamo facendo (in questo come in altri casi) ad accettare l’opinione degli altri.
Sarà capitato anche a te di pensare di avere la verità in tasca, il che si traduce in un ragionamento di questo tipo:
- la mia verità è LA verità;
- la mia verità è così limpida e chiara che mi sembra impossibile che altri non la capiscano e non la condividono;
- devo spiegare la mia verità in modo più chiaro, così gli altri la comprenderanno e mi daranno ragione.
L’esperienza quotidiana ci insegna che questo modo di ragionare è contraddetto dalla realtà: per quanto tento di spiegare la mia verità, gli altri rimangono fermi nella loro posizione.
Questo significa che è inutile dialogare? Non credo; ma mi fa capire ancora una volta che ragione e torto, verità ed errore, siano concetti spesso inutili; sicuramente sono concetti poco utili nei rapporti interpersonali, e lo sperimentiamo di continuo; ma spesso ci accorgiamo che anche nelle questioni di principio ciò che pesa moltissimo non è il ragionamento che si fa che può convincere oppure no, perché un grande peso lo hanno i punti di vista di partenza.
Quando ero in seconda teologia, mi aveva folgorato questa definizione di “intolleranza” definita nel manuale di Etica Generale di De Finance:
La radice dell’intolleranza consiste nel pensare che ciò che è evidente per me, deve essere evidente per tutti.
Joseph De Finance
Se per me è evidente che le sigarette fanno male, sarò intollerante nel momento in cui penserò che tutti debbano ritenere evidente che le sigarette facciano male. E di fronte ad un fumatore mi risulterà incomprensibile come lui possa continuare a fumare nonostante sia così palesemente ed inconfutabile il fatto che le sigarette facciano male!
E questo vale per qualunque argomento, discussione, decisione: finché riterrò che ciò che è evidente per me, debba essere evidente per tutti, assumerò pensieri, ragionamenti, parole, toni di voce che esprimeranno questa mia intolleranza, e che nella maggior parte dei casi non porteranno a niente, se non ad un allontanamento ancora più deciso delle rispettive posizioni.
Quando non sono d’accordo su qualcosa e discuto con qualcuno, penso che il primo passo sia quello di tentare di immergermi quanto più riesco nel punto di vista dell’altro, cercando di comprenderlo e cercando di sentire sulla mia pelle come il suo punto di vista sia rispettabile quanto il mio.
Se ci riuscirò, potrò allora anche provare a comunicare all’altro questo viaggio nel suo punto di vista, dicendogli che comprendo le sue posizioni, che ho capito perché lui la pensa così.
Una volta che avrò lasciato crescere sul mio terreno il seme del punto di vista dell’altro, solo a quel punto il dialogo sarà maturo per provare a seminare il mio punto di vista nel terreno dell’altro.
Coltivare la tolleranza non significa pensare che ogni idea abbia lo stesso valore: nessuno potrà mai convincermi che il nazionalismo che ha portato alla Shoah sia migliore dell’umanesimo liberale che ritiene ogni persona soggetto di dignità e diritti inviolabili (pur riconoscendo anche i limiti dell’umanesimo liberale), o che fare il pesto con il prezzemolo sia equivalente a farlo con il basilico.
Coltivare la tolleranza significa che sarò pronto ad affrontare un dialogo sereno anche con chi ha idee diversissime dalle mie, se proverò a riconoscere e a comprendere il punto di partenza della sua idea, dandogli diritto di cittadinanza e provando in un secondo momento ad esporre con serenità anche il mio punto di partenza e la mia idea di conseguenza, senza pretendere che lui l’accolga, ma semplicemente godendo della possibilità di esprimergliela.
Ti sei mai accorto di ritenere che debba essere evidente per gli altri ciò che è evidente per te? Credo sia questo il terreno su cui nascono tante discussioni inconcludenti.
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