Il Potere della Comunicazione Impotente #1: l’Effetto Pratfall
Qualche giorno fa stavo mandando un messaggio in un gruppo Whatsapp per invitare a vederci per una riunione organizzativa:
– Ragazzi sarebbe importante che ci vedessimo al più presto per organizzare le cose che abbiamo in programma.
Prima di inviare mi è tornato in mente un video che avevo visto proprio quel giorno, e così ho ripensato a quello che ho scritto, ma soprattutto a come l’avevo scritto, il tono che stavo usando e che poteva trasparire da quel messaggio. E così ho cancellato e ho riscritto:
– Ragazzi, che ne dite, riusciamo a vederci? Sarebbe l’ideale, come siete messi quel giorno? Fatemi sapere.
Il video che avevo visto è di Adam Grant, dal titolo Il potere della comunicazione impotente; in inglese il gioco di parole è ancora più efficace: The power of powerless communication.
Di cosa si tratta?
Quando parliamo di comunicazione solitamente la associamo all’idea di efficacia: chiunque abbia il desiderio di comunicare, ha anche il desiderio che la comunicazione arrivi a buon fine, sia efficace, ottenga il suo effetto.
Il problema è che all’idea di efficacia leghiamo spesso un’idea di forza, per cui utilizziamo espressioni di questo tipo:
- la forza di quel discorso
- la forza di quel messaggio
- la forza di quello slogan
Altro esempio: immaginando di dover fare un intervento in pubblico, o anche all’interno di una riunione, la nostra cultura ci suggerisce di essere sicuri e decisi, mostrando competenza, credenziali ed esperienza; in una parola, di essere forti.
Ma forse esiste un modo ancora più efficace di comunicare, partendo da un modo di comunicare debole, impotente.
Adam Grant propone di sostituire tre elementi tipicamente associati all’idea di efficacia e di forza, con tre elementi che a prima vista vedremmo come debolezze:
- invece di far leva su punti di forza => provare a far leva su punti deboli
- invece di far leva su un tono assertivo => provare a mettere in campo un po’ di incertezza
- invece di fare affermazioni sicure e dare risposte certe => provare a porre più domande
Devo dirvi la verità che quando ho visto questi tre elementi sono rimasto abbastanza basito: come è possibile che punti deboli, incertezza e domande, riescano a costruire una comunicazione ancora più efficace che i loro opposti?
Ma seguendo tutto il ragionamento, devo dire che alla fine Adam mi ha convinto.
Provate a seguirmi nel ragionamento, sono convinto che alla fine ne sarete convinti anche voi.
1 – Mostrare le proprie carenze
Si tratta dell’Effetto Pratfall, che significa Effetto Caduta, messo in luce da uno studio condotto nel 1966 presso l’Università del Minnesota, che ha dimostrato che commettere un errore di fronte agli altri ci rende più simpatici.
Durante quello studio veniva chiesto alle persone di valutare quanto apparissero piacevoli o simpatici i partecipanti a un concorso. Alcuni di questi partecipanti si comportava in modo impeccabile, altri commettevano errori, come rovesciarsi addosso una tazzina di caffè.
Ebbene sì: quelli che compivano qualche errore apparivano più simpatici, perché le persone li percepivano più vicini a loro e il fatto di fare qualche piccolo errore stimolava empatia nei loro confronti.
Alcuni di noi sono ossessionati dal commettere qualche errore quando sono davanti agli altri (e questo ad esempio è uno dei motivi per cui così tante persone hanno paura di parlare in pubblico… anche tu sei uno di quelli?).
In realtà, un piccolo errore non è la morte di nessuno, anzi. Chi non sbaglia mai rischia di apparire distante dagli altri, snob ed antipatico.
Tutto questo discorso è valido, ma a due condizioni:
Primo: un conto è se godi già di credibilità, un conto è se sei considerato un principiante.
Gli esperti che si rovesciano il caffè addosso, piacciono di più alla gente, perché li umanizza! «Wow! è una persona vera! posso relazionarmi con quella persona», e così si entra più facilmente in empatia.
Se invece sei un principiante e ti versi il caffè addosso, mostri solo di essere ancora più incompetente: non solo non sai nulla, ma non sai neanche tenere una tazza di caffè in mano! 🙂
Secondo: l’Effetto Caduta può causare vicinanza ed empatia se riguarda un aspetto indipendente dalla propria competenza, come quando un fisico premio nobel si rovescia il caffè addosso; è meno efficace se invece riguarda quell’ambito di competenza, come se il fisico premio nobel sbagliasse una semplice equazione di primo grado: in quel caso l’effetto umanizzante è meno garantito. Anche se io penso che se il mio professore di fisica sbagliasse un’equazione davanti alla classe e lo ammettesse pubblicamente, magari dando merito allo studente che se ne è accorto, forse a me non dispiacerebbe affatto e mi aiuterebbe a vederlo come un essere umano.
In sintesi: quando comunichiamo con gli altri, possiamo prenderci in giro per qualcosa che permette di farci vedere come esseri umani, per fare in modo che le persone si identifichino e si connettano con noi, e questa cosa ci può aiutare a costruire un rapporto di fiducia ed empatia.
Che poi è una cosa che tutti abbiamo sempre saputo: in fondo si tratta del valore dell’auto ironia, che ci fa scendere dal piedistallo e ci fa apparire essere umani.
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