Come capirsi e comunicare efficacemente, anche nella coppia – ft. Carl Rogers
Una volta avevo un gruppo parrocchiale di ragazzi in cui avevano tutti un desiderio tale di parlare e di dire la propria, che una volta ho proposto di utilizzare questa semplice tecnica: può parlare soltanto chi ha la palla in mano. Dopo che lui avrà finito, un altro potrà richiedere di prendere la parola, e potrà iniziare a parlare soltanto dopo aver ricevuto la palla.
A volte siamo così desiderosi di dire la nostra, che non riusciamo ad ascoltare l’altro senza interromperlo. E questo non accade soltanto nei gruppi, ma anche in contesti più piccoli: tra amici, nella coppia, magari tra colleghi.
Le tendenza a valutare
Ma in realtà, ci sono ostacoli ben più forti che impediscono una vera e fruttuosa comunicazione. In un famoso articolo del 1951, Carl Rogers parla di uno di questi grandi ostacoli: la tendenza a valutare ciò che sto ascoltando, ciò che l’altro sto dicendo.
Ora, questa tendenza a valutare, e giudicare ciò che l’altro sta dicendo è una cosa abbastanza naturale. Ma laddove ci sono in gioco sentimenti ed emozioni particolarmente forti, questa tendenza può costituire un vero e proprio problema per la comunicazione.
Pensiamo ad esempio ad un rapporto in cui uno dei due interlocutori pensa che l’altro abbia mancato di rispetto o di fiducia nei suoi confronti.
O pensiamo ad una discussione di coppia, in cui con estrema facilità, si passa da una situazione o un episodio o una questione specifica, e si arriva a mettere in dubbio e in discussione la totalità del rapporto stesso.
Un’esercizio per capirsi
Non è un caso che, nella prosecuzione dell’articolo, Carl Rogers formuli un esempio proprio a partire dalla vita di coppia, ma non solo, suggerendo un esercizio apparentemente molto semplice, ma in realtà molto difficile.
L’esercizio è questo: la prossima volta che avrete una discussione di coppia (o con un amico o in gruppo), datevi questa regola: che nessuno possa esporre le proprie idee, senza aver prima riesposto non soltanto le idee, ma anche le sensazioni dell’interlocutore con esattezza, e non prima di aver avuto dall’interlocutore la conferma di essere stato ben compreso.
Ovvero: prima di dire la propria idea, è fondamentale essere certi di aver capito il punto di vista dell’altro, aver assimilato il suo quadro di riferimento, il modo di ragionare e giudicare quella cosa di cui state parlando. E non solo il punto di vista, ma anche il suo profondo sentire riguardo a questo, le sue sensazioni profonde. Il fatto di dover esporre tutto ciò, punto di vista e sensazioni relative, prima di dire la propria, mette le due persone nella certezza reciproca che l’altro, prima di dire la sua idea, ha veramente compreso il proprio punto di vista e il proprio sentire.
Sembra semplice, ma non lo è affatto. Ditemi la verità: quante volte abbiamo l’impressione che l’altro, nel risponderci, non ha in realtà capito ciò che stavo dicendo, o perlomeno non ha capito il senso profondo di come io sto vivendo la cosa di cui stiamo parlando?
E non avete a volte voi stessi avuto la sensazione che stavate rispondendo, senza in realtà aver ben compreso nel profondo il significato di ciò che l’altro stava dicendo?
Se non si arriva all’esplicita certezza reciproca del fatto che l’altro abbia capito prima di proseguire la discussione, come può la discussione portare a far progredire la relazione in positivo?
Quando invece ci si sente reciprocamente capiti, non giudicati, ma soltanto capiti, automaticamente cadranno quegli atteggiamenti difensivi od offensivi che creano ulteriori incomprensioni. Calando le difese, facilmente si instaurerà un clima amichevole, fatto di parole e risposte amichevoli. E così la comunicazione può procedere serena e condurre passo passo:
1 – a chiarire il problema;
2 – a cercarne le soluzioni insieme;
3 – se il problema apparirà invece insolubile, tale atteggiamento di comprensione reciproca favorirà l’accettazione della situazione.
Capire, riformulare, assicurarsi che l’altro si sia sentito capito.Forse è la stessa cosa che intendeva Gesù, quando quel giorno ha detto: “Non giudicate, per non essere giudicati”.
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