A chi tocca il primo passo?
«Perché tocca sempre a me?»
Credo che questa domanda ce la siamo fatta diverse volte.
- Potresti apparecchiare per favore? => Mamma, non ci sono solo io, non può apparecchiare lui?
- Metti in ordine la camera. => Perché, non può farlo mio fratello?
Ma quelle sono cose da bambino. Solo che crescendo le cose si complicano, e muoverci per primi può diventare ancora più difficile.
Anche Gesù in un certo senso ce l’ha chiesto:
Non rispondere al male con il male. Porgi l’altra guancia.
Gesù
Che in certi casi credo si possa tradurre così: “Fai tu il primo passo”.
E senza scomodare il Vangelo, chissà quante volte, parlando di un tuo problema a qualcuno, un amico ti ha detto: “Dai, provaci tu a fare il primo passo…”
Eppure ci sono volte in cui siamo proprio convinti di essere nella ragione e l’altro nel torto, e in quei momenti è proprio difficile fare il primo passo.
E convinti non nel senso che crediamo di essere sempre noi nel giusto e che siano sempre gli altri ad avere torto. Non in quel senso, no.
Convinti in quella situazione concreta: magari ne abbiamo parlato con 10 persone e tutte e 10 ci hanno dato ragione, per cui siamo anche sicuri che l’altro ha torto marcio.
Anche in quei casi dovremmo essere noi a fare il primo passo?
Chi deve farlo, chi ha ragione o non piuttosto chi ha torto?
Non dovrebbe farlo chi è la vera causa del problema?
Ferma tutto. Credo che a questo punto siano necessari due cambiamenti di prospettiva.
Due cambiamenti di prospettiva
Il primo cambiamento credo che debba essere interiore: si tratta di un cambiamento di prospettiva profondissimo, e se riusciamo a compierlo sarà un cambiamento evolutivo incredibile.
Il primo cambiamento consiste nello smettere di cercare chi ha ragione e chi ha torto; ancor prima, smettere di pensare in termini di ragione o torto, di giusto e sbagliato. Perché ragione e torto, giusto e sbagliato, quando si tratta di relazioni, sono concetti molto labili, fumosi, a volte completamente inutili, anzi, dannosi.
Non avete fatto anche voi l’esperienza di come la ragione possa essere un’arma che uccide la relazione? Personalmente molto spesso, e se mi guardo indietro trovo innumerevoli momenti in cui il fatto di pensare di avere ragione mi ha fatto comportare in modo duro, inumano, meccanico, togliendo serenità e pace agli altri e anche a me stesso.
Perché quando si pensa di avere ragione e si esercita fino in fondo tale ragione, spesso si rimane soli, con la proprio ragione, ma soli.
Questo primo passo comporta il farci una domanda molto profonda:
- Preferisci avere ragione, o preferisci essere felice?
- Preferisci continuare il confronto per capire finalmente chi ha ragione e chi ha torto, o preferisci ritrovare la serenità?
- Preferisci continuare una lotta estenuante in cui ciascuno vede soltanto il suo punto di vista, o desideri andare incontro all’altro per cercare di comprendere il suo mondo interiore?
Ok, resta però la domanda: a chi tocca il primo passo?
Come dire: Ok, io mi sono fatto queste domande, ma non se le dovrebbe fare anche l’altro e magari essere lui a dover fare il primo passo?
Beh, credo che la risposta sia molto semplice e ci porti finalmente al secondo cambiamento.
Il primo passo non tocca a chi ha ragione o a chi ha torto, non tocca all’altro e non è neanche detto che tocchi a me.
Credo che il primo passo del cambiamento tocchi a chi ha a cuore il rapporto e che il rapporto possa cambiare.
Quindi, se io ho a cuore il rapporto, non c’è altra via: il cambiamento tocca a me, il primo passo tocca a me.
Anche questo è un salto evolutivo molto profondo, perché una volta che siamo usciti dalla logica perversa e divisiva della ragione e del torto, la domanda che dobbiamo farci è molto semplice:
Tengo a quella persona? Tengo a quella relazione?
Se la risposta è sì, la conseguenza è una sola: tocca a me l’onere e l’onore del primo passo, tocca a me cercare il cambiamento.
Tocca a me impegnarmi ad introdurre nel rapporto o nel gruppo o nella famiglia qualcosa di nuovo che possa causare altri cambiamenti.
Riassumendo:
1 – Prova oggi stesso a pensare a qualche situazione, a qualche rapporto in cui senti che ci sono dei problemi, a prescindere dalla ragione o dal torto.
2 – Chiediti: ci tengo a quella persona e a quella relazione?
3 – Se la risposta è sì, chiediti: preferisco aver ragione, o preferisco essere felice? Preferisco rimanere sulle mie, o preferisco fare qualcosa per quella relazione, e quindi per ritrovare serenità?
4 – Se preferisci essere la felicità alla ragione, chiediti infine: oggi stesso, cosa posso fare di nuovo e di diverso in quella relazione? Quale elemento di novità e di rottura posso introdurre per far capire all’altro che tengo a lui e quindi voglio provare io a fare il primo passo?
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