La tua comunicazione è con ROBOT o con UMANI?
Ditemi la verità: durante la vostra giornata tipo, con quanti robot avete a che fare? E con quanti esseri umani?
Perché sapete, mi sono accorto che le persone non sono robot.
Eppure a volte trattiamo le persone come fossero robot.
A me, che sono un essere umano, capita spesso.
Ad esempio quando dico a quello:
Ma possibile! Te l’ho detto 1.000 volte!
E già, perché se ad un robot insegni una cosa e gliela spieghi bene, quello quella cosa lì la fa, sempre uguale, e non c’è pericolo che una volta che si svegli con il piede sbagliato e non la faccia!
E invece l’essere umano no. Glielo puoi anche spiegare 1.000 volte, ma mica è sicuro che quella cosa la farà così.
O che vorrà farla così.
O che riuscirà a farla così.
O che avrà voglia di farla così.
Al mio robot domestico potrei dire:
Allora! Muoviti! Forza! Ho fretta!
E il mio robot domestico l’avrei programmato in modo che se glielo dici così, quella cosa la fa subito, e anche se gli tiro un calcio, la fa lo stesso, e magari mi fa anche un sorriso.
E invece se prendi a calci un alveare, è difficile che ne esca del miele, anzi, magari ti becchi anche qualche bella puntura.
E così quella volta che a quell’altro quella cosa gliel’ho detta in malo modo… accidenti! Mi ci ha mandato…
E un’altra volta spiegavo a quel robot che non c’era dubbio, avevo ragione io: visto che 2+2 fa 4, mica ha avuto da obiettare.
E invece quell’umano non sono proprio riuscito a convincerlo. Eppure il mio ragionamento non faceva una piega. Ma forse mi ero dimenticato che per convincerlo non potevo parlare solo alla sua testa, dovevo parlare anche al suo cuore. E dovevo anche tenere conto che ha anche una pancia… e che a volte potrebbe anche comandare quella…
Il robot non arriva mai in ritardo, parte quando deve partire per arrivare all’orario giusto. L’essere umano mica è sicuro che arrivi in orario.
Il robot non è mai stanco. L’umano sì, anzi, a volte lo è anche appena sveglio.
E poi c’è anche il robot che sono io. Sì, perché una volta ho provato a trattare anche me da robot. Il robot non ha bisogno di dormire, né di riposare, né di svagarsi. E quella volta il robot che sono io ha rischiato di rompersi, che strano, anzi no: perché anch’io sono un essere umano.
E poi il robot non dice bugie. Non finge.
E invece l’essere umano accusa anche se ha torto, ha paura anche se non c’è niente da temere, progetta, sogna, e magari poi neppure fa ciò che deve fare per realizzare il suo sogno.
Il robot non soffre. L’essere umano, eccome se soffre.
Quindi, in fin dei conti: meglio avere a che fare con robot o con esseri umani?
Con i robot non mai avrò sorprese.
Invece la comunicazione è un fatto umano, per cui non ci sarà mai una regola che vale nel 100% dei casi.
Ci sarà sempre qualcosa che potrà stupirmi, spaventarmi o destabilizzarmi.
Come dice Jovanotti:
Noi siamo l’elemento umano nella macchina, e siamo liberi sotto alle nuvole.
Jovanotti, L’elemento umano
Per questo la comunicazione è viva, vitale, problematica, difficile, mai uguale a se stessa, proprio come ogni essere umano.
E meravigliosa. Come tuo figlio. Come la persona che ami, che a volte ti fa piangere, a volte sorridere. Come il tuo amico che ti abbraccia. Come lo sconosciuto che incontri e che ti sorride.
Quindi: la prossima volta che devi comunicare qualcosa ad una persona, qualsiasi persona, ricorda: non è un robot, è un essere umano.
Le persone felici riescono a comunicare bene con tutti.
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