5 ostacoli alla tua comunicazione
C’è comunicazione quando due persone si scambiano un messaggio attraverso un determinato codice, che può essere il linguaggio, lo sguardo, un gesto, un’immagine.
In questo momento io sto comunicando con voi. Il presupposto minimo per capirsi, è che entrambi conosciamo la lingua italiana.
E se io parlassi in cinese?
Ma anche ammesso che parliamo la stessa lingua, mica sempre è facile capirsi… o no?
Ecco qualche ostacolo che impedisce una chiara comunicazione. Li ho presi e rielaborati da un libro di Roger Mucchielli, Apprendere il Counseling, libro molto chiaro ed interessante.
L’elenco che faccio riporta velocemente e forse anche un po’ superficialmente alcuni importanti ostacoli alla comunicazione: ma è un punto di partenza per rifletterci, farci attenzione ed esserne più consapevoli. Se ve ne vengono in mente altri, aggiungeteli nei commenti.
1 – Uno dei primi ostacoli è il fatto che spesso siamo più impegnati ad interpretare che ad osservare.
Non vi capita mai di non avere ancora finito di parlare, e già vi sembra di essere stati fraintesi? O viceversa, l’altro parla, e dentro di noi i neuroni si muovono all’impazzata nel cercare di capire il significato recondito di ciò che l’altro sta dicendo.
Ma anche presupponendo di avere tutta la buona volontà di osservare ed ascoltare nel modo più chiaro possibile, in realtà la situazione è tutt’altro che semplice. Ci sono infatti tanti altri ostacoli che rendono difficile una vera osservazione, un vero ascolto: una vera comunicazione.
2 – Il coinvolgimento personale. Un amico ti viene a parlare di un suo amico che tu non conosci, e ti dice peste e corna di lui; tu rimani in attento ascolto di ciò che ti sta dicendo. Poco dopo un altro amico viene e ti dice peste e corna di tuo figlio.
Ah no. Cambia tutto. Toccatemi tutto, ma non mio figlio.
Beh, ma almeno ascoltalo, no?
Facilmente, non appena capisci che sta parlando male di tuo figlio, il cervello va in confusione, sale rabbia, frustrazione, voglia di spaccare tutto, trovare una giustificazione, quello che ascolti non riesci proprio ad accettarlo con serenità.
Sei convolto, tutto lì, e questo è già di per sé un ostacolo alla comunicazione.
La soggettività, cioè, assegna a ciò che ci viene comunicato un significato completamente diverso. Ciò che ci viene detto, non viene percepito così com’è, ma lo rivestiamo di significati personali.
Altri esempi:
Stesso discorso per la gelosia, o per la paura del buio:
- Sei geloso? Vedrai ovunque conferme di essere nel giusto ad esserlo.
- Hai paura del buio? Anche il più piccolo rumore lo interpreterai come un pericolo incombente.
- Hai poca autostima? anche una piccola parola o uno sguardo senza alcun significato, potranno diventare una conferma del fatto che tu vali poco.
3 – Le nostre opinioni, ciò che crediamo, i nostri preconcetti, tutte cose che diventano una lente attraverso la quale interpretiamo il reale e in qualche modo lo deformiamo.
Se una persona che mi è simpatica fa una battuta su di me, ci facciamo una risata.
Se la fa una persona che non sopporto… o mi incavolo o sto a rimuginare per ora dentro di me quelle parole.
Stesso discorso in caso di opinioni verso determinati gruppi sociali: se una persona di quel gruppo dice o fa una cosa, l’opinione che ho di quel gruppo influenzerà la mia interpretazione di ciò che quella persona sta facendo.
4 – La deformazione professionale.
Quando ad esempio tu che sei militare, psicologo, prete o dottore, tendi a ricalcare certi schemi di pensiero in ogni aspetto e relazione della tua vita.
Ad esempio: sei un militare e al mattino svegli i tuoi figli e pretendi che in 10 secondi netti abbiano già fatto il letto e siano in piedi in silenzio per l’ispezione.
E così ogni volta che non riesci a staccarti dal tuo ruolo nelle situazioni in cui effettivamente non ti è chiesto di essere sempre nel tuo ruolo.
5 – L’incapacità di separare il significato razionale di ciò che ascolto da un significato più profondo.
A questo riguardo Mucchielli cita un esempio fantastico preso da Carl Rogers. Un bambino di 10 anni dice a suo papà:
Papà, tutti i miei compagni hanno una bicicletta.
E il padre gli risponde:
Figlio mio, non è possibile. Sicuramente qualcuno dei tuoi compagni non ce l’ha.
Ma con quella frase il bambino voleva dire:
- Papà, vorrei una bicicletta.
- Papà, non sono come gli altri e mi piacerebbe tanto esserlo.
- Però, papà, non ho il coraggio di chiederti in modo diretto di comprarmi una bicicletta.
Se poi si è all’interno di una discussione accesa o di un rapporto burrascoso, diventa ancora più difficile cogliere il vero significato profondo di ciò che l’altro ci vuole veramente comunicare tra le righe delle parole che ci sta dicendo.
E poi potremmo aggiungere: il nostro vissuto, le diverse esperienze famigliare e sociali di provenienza, i problemi che stiamo vivendo che ci fanno percepire le parole e gli atteggiamenti degli altri in modo diverso…
Insomma, da un semplice problema di lingua, capiamo bene che la comunicazione spesso è tutt’altro che una passeggiata: a confronto un cruciverba senza definizioni a volte sembrerebbe più facile.
Ecco quindi un piccolo compito per oggi:
Pensate ad una persona con la quale vi pare di avere problemi di comunicazione. Provate a chiedervi se uno di questi cinque punti possono esserne la causa. E poi?Beh… già il fatto di accorgersene è una cosa importante, no? 😉
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